Joke e il KiteKriol: capoverdianissimi.
Che cosa regala il kitesurf rispetto ad altri sport? La libertà.
Non ci pensa un attimo Joke, quando glielo chiedo. E anche la motivazione
arriva di getto: perché quando vai in acqua stacchi con tutto, non si pensa più
a nulla.
Joke mi parla seduto ad un tavolo liscio e lucido, coi piedi sulla sabbia, sotto la veranda coperta di foglie di palma del suo Kitekriol, la scuola di kite raggiungibile da Sal Rei con una bella passeggiata lungo la spiaggia o dietro le dune, oppure in bici, in quad e in auto. La scuola è una solida struttura di legno riconoscibile da lontano per il suo logo essenziale, bellissimo. Di fianco alle rimesse per le attrezzature, una piccola reception e uno spazio grande per mangiare, cullarsi sull’amaca e sulle altalene, prendere il sole o giocare a ouril o a carte. Ma il protagonista è il mare, da sempre. Una baia larga sempre battuta dal vento, il vero divertimento per gli amanti degli sport acquatici. Invernali.
Sì, perché il kite si pratica essenzialmente da Novembre a Maggio, circa. E lo hanno importato gli Europei, perfezionato – Wikipedia docet – dai francesi, ma come principio di traino pensato da secoli. Sono stati gli Europei a scovare Boa Vista e le sue spiagge lunghissime, sono stati loro a portare tutti i materiali e a lasciare i capoverdiani a osservarli, poco dopo il 2000. Un’osservazione che è diventata presto parte attiva. Perché il bello di questo popolo è questo: provare, imparare, trovare la propria via per creare quello che Boa Vista sa di avere nell’anima: movimento turistico.
Quindi, anche se sono stati gli Europei ad aprire le prima scuole, un gruppo di ragazzi che già praticavano surf e windsurf ha deciso di andare a imparare. Per cinque, sei anni didattica e collaborazione, curando tutti i dettagli, dall’uso delle vele, i cavi, i cinturoni di sicurezza; misure, gradi di difficoltà, figure da eseguire in acqua. E scoperta delle spiagge adatte per questo sport, su tutta Boa Vista. E poi Joke, con l’amico Mite e dopo poco tempo con Yuri, ha deciso che si poteva prendere il vento da sé. Si sono comprati una o due vele a testa e hanno iniziato a fare dimostrazione, a turno, in acqua, lasciando sempre uno a terra ad aspettare il primo che chiedesse informazioni. E il primo è arrivato. Un olandese che ha chiesto di poter fare un paio d’ore di lezione. Quelle due ore hanno finanziato immediatamente un’altra vela. E da quel momento in poi è iniziato il passaparola.
I capoverdiani, i bambini, e gli Europei che vivono qui hanno approfondito la conoscenza di questo sport, e loro del Kitekriol hanno promosso il più possibile abbassando i prezzi. Tantissime le donne che oggi preparano la vela e vanno in acqua; ancora troppo poche, però, le capoverdiane.
E da qui si intende ripartire, per crescere ancora. Da quattro anni anche grazie all’aiuto del campione del Mondo Mitu Monteiro, di casa a Sal, che fornisce materiale al Kitekriol.
Già, ma quando? Dipende sempre dalle compagnie aeree, che riporteranno sulle isole di Capo Verde la linfa vitale del turismo. Spero presto, si augura Joke. Difficile pensare a un’altra stagione così, per tutti. Abbiamo tratto da questo periodo il massimo dell’insegnamento e terremo conto della diversificazione che abbiamo affrontato, spesso senza guadagno reale ma con la soddisfazione e la gratificazione di aver diffuso l’amore per il kitesurf. E aver sconfitto la paura, aggiungo io. Ma lui ride e mi chiede: paura di cosa? Del kite, del mare, del vento? È uno sport sicuro, con materiale sicuro, sempre controllato, con la supervisione costante di un istruttore, nel massimo rispetto delle regole. Siamo sempre accanto, siamo qui per dare sicurezza, non perdere mai di vista nessuno. E il mare è solo la casa di chi lo abita. Libertà, quindi. Di affidarsi a chi ama questo mare e vuole affidare al vento ogni pensiero.
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